Emanuele Rossi
4 min readFeb 28, 2021

IRAN: UN TEST INTERNAZIONALE

febbraio 2021

Il dossier del nucleare iraniano è diventato nelle ultime settimane uno snodo importante degli affari internazionali, coinvolgendo in primo luogo gli Stati Uniti, che con Joe Biden intendono rientrare in qualche modo nell’accordo Jcpoa, ma anche Cina, Russia, le potenze europee e quelle regionali.

Le dinamiche in atto rappresentano evoluzioni che vanno ben oltre la questione in sé; passano per i tentativi di costruire un’architettura di sicurezza in una regione tuttora delicatissima; toccano spazi di potenziale cooperazione tra rivali e forme di multilateralismo futuribili.

Seguendo il corso degli eventi ho provato a ricostruire quanto sta succedendo attorno a questo super tema affrontando vari lati della questione, anche (soprattutto) attraverso degli esperti che seguono assiduamente queste dinamiche. A breve potrebbero succedere cose importanti…

“Gli Stati Uniti dovrebbero usare il meccanismo dei waiver (concessioni a tempo, detto semplificando, ndr) per allentare sanzioni sul commercio degli idrocarburi all’Iran e fare il primo passo. A quel punto smuoverebbero il gioco anche nella politica iraniana che si troverebbe costretta a rispondere pragmaticamente”. Nicola Pedde, direttore dell’Institute of Global Studies, in “Che si muove (davvero) fra Usa e Iran?”.

“Il problema è che l’amministrazione Biden ancora non sembra nella condizione di considerare la rimozione di queste sanzioni, almeno in tempi brevi; la sta considerando come opzione, così come i waiver, ma le priorità sembrano altre. […] L’Iran è abbastanza consapevole che certe scelte da parte di Biden richiedono tempo, e mentre pubblicamente tiene una linea è interessato più che altro a far sì che i processi si muovano e non restino solo su carta”. Aniseh Bassiri Tabrizi, esperta dell’International Security Studies del Rusi, in “Sull’Iran si pensava che Biden avesse bruciato i tempi, e invece…”.

“L’amministrazione Biden si è appena insediata. Nonostante l’interessamento, non mi pare che l’Iran sia in cima alle priorità degli Stati Uniti.Di contro, il presidente Rouhani ha interesse a risolvere il dossier nucleare nel minor tempo possibile. Questa differenza nelle priorità crea ulteriori problemi: per Teheran, inoltre, la strada è complicata dalle elezioni presidenziali e dalla competizione interna. Il tutto produce uno stallo, una dinamica che è contraria agli interessi di sicurezza europei”. Abdolrasool Divsallar, co-head del Regional Secuirty Inititative del Middle East Directions Programme struttura integrata nello European University Institute, in “Iran-Usa, perché il dialogo rischia lo stallo”.

“L’Europa recupera in corner il proprio ruolo, dopo aver atteso la disponibilità degli Stati Uniti – aggiunge Perteghella – secondo una politica attendista che era passata recentemente per dichiarazioni abbastanza dure fatte da Francia e Germania, ma non aveva avuto sviluppi”. Alla prova dei fatti, mentre si parla di sovranità europea e autonomia strategica l’Unione europea ha dimostrato che “era difficile muoversi senza aspettare Biden, ma d’altronde sappiamo che se restano le sanzioni non succede nulla”. Annalisa Perteghella, Iran Desk dell’Ispi, in “Usa-Iran. Sarà l’Ue a sbloccare il dialogo?”.

“Per scongiurare un sabotaggio da parte delle potenze regionali sui nuovi passaggi dell’accordo con l’Iran – continua Bianco – occorre mettere in moto meccanismi su certi temi già da adesso, e per farlo occorre che siano gli europei gli interlocutori e non Cina e Russia che hanno interessi diversi che rischiano di creare condizioni caotiche”. Cinzia Bianco, esperta di Golfo dell’Ecfr, in “Perché l’Europa può essere il ponte tra Golfo e Iran”.

“Pechino guarda a tre generi di aspetti, tutti frutto di una comprensione molto pragmatica della questione nucleare iraniana. Per primo ritiene che sia necessario evitare qualsiasi genere di tensione, di escalation e dunque di conflitto che potrebbe destabilizzare la regione, creare spillover terroristici, e alterare il mercato petrolifero. Inoltre per la Cina l’Iran è forma di bilanciamento al potere americano nella regione, purché resti questa forma di stabilità e soluzione pacifica. Infine il governo cinese vede nel Jcpoa un’occasione per passare da responsible stakeholder davanti alla Comunità internazionale”. Jacopo Scita, School of Government and International Affairs della Durham University, in “Cina-Iran. Tre ragioni per cui Pechino vuole il Jcpoa”.

“Ci sono soggetti politici più moderati che prendono in considerazione la possibilità di intavolare un colloquio con Teheran in futuro, ma sono sfumature: sostanzialmente in questo momento nessuno in Israele considera l’Iran come un interlocutore affidabile, e immagino per questo che poco cambierà con il nuovo governo che uscirà dalle urne tra un mese”. Giuseppe Dentice, Head del Mena Desk del CeSI, in “Iran, da Israele la porta è chiusa”.

“D’altronde [l’attacco aereo americane contro le milizie sciite] non ha nessuna contraddizione con il lavoro diplomatico verso la ricomposizione di un accordo sul nucleare: certo è che un nuova intesa deve avere ambizioni più ampie e non solo limitarsi al controllo delle centrifughe e degli arricchimenti”. Matteo Bressan, docente di Relazioni internazionali e studi strategici alla Lumsa e analista Nato Foundation, in “Dal raid Usa all’architettura regionale”.

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Analista di affari internazionali. Curatore del canale Telegram “Indo Pacific Diary”, giornalista di Formiche.net

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